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Perplessità sull’efficacia e l’applicabilità della Legge di Riforma del Condominio.

In questo articolo vengono esposte delle perplessità su alcune norme della Legge di Riforma del Condominio tanto attesa (oltre settant’anni) e che rischia invece di creare maggiore confusione e difficoltà per gli amministratori nello svolgimento del proprio lavoro.

ART. 1120 (comma 2)

I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche.

La Legge 9 gennaio 1989, n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.” si era già occupata del problema delle maggioranze necessarie per deliberare in materia, stabilendo che:

Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.

Conclusione: mentre prima bastava la maggioranza semplice (maggioranza degli intervenuti e un terzo del valore dell’edificio) adesso, per deliberare l’eliminazione delle barriere architettoniche, occorre la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio!!!

ART. 1129 (comma 3)

L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato.

Questo articolo ha ingenerato la falsa opinione che l’amministratore sia obbligato a stipulare la polizza di cui sopra. Premesso che l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore al possesso di qualsiasi peculiarità e attribuzione ritenga necessaria per lo svolgimento della sua mansione, ogni amministratore dotato di buon senso ha provveduto a stipulare tale polizza onde evitare che un errore nello svolgimento degli atti possa finire per intaccare il patrimonio personale.

ART. 1129 (comma 9)

Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.

Non viene specificato quale maggioranza sia necessaria per dispensare l’amministratore dall’agire nei confronti dei morosi, né viene prevista la possibilità di istituire un fondo ad hoc e non si capisce perché si faccia riferimento solo alla “chiusura dell’esercizio” (Rendiconto Consuntivo) e non anche alle quote dovute sulla base del preventivo di spesa approvato.

Art. 63 d.a.c.c.

I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.

La norma, che riprende una famosa sentenza della Corte di Cassazione, sembra essere corretta (perché chiedere i soldi a chi ha già pagato e non a chi deve ancora pagare la sua quota?).

Poniamo però il caso di una ditta che abbia effettuato dei lavori di ristrutturazione; viene pagata quasi interamente dal condominio, ad eccezione della quota non versata da un condomino. A questo punto, per poter entrare in possesso della somma mancante (per esempio € 1.000,00) la stessa dovrà rivalersi nei confronti del condomino moroso. Si inizia così con la lettera dell’Avvocato, si prosegue con il Decreto Ingiuntivo, per finire poi con l’eventuale richiesta di pignoramento immobiliare; qualsiasi avvocato vi confermerà che quest’ultima richiesta (che ha un costo ben più alto dei mille euro che la ditta deve recuperare) non viene accolta dal giudice per una cifra così bassa. Si arriva, quindi al paradosso per cui la ditta, per recuperare € 1.000,00, non può agire nei confronti degli altri condomini se non ha prima speso circa € 10.000,00 nella procedura su esposta!!!

Art. 69 d.a.c.c.

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.

Questa è un’altra norma che sembra essere corretta (evita al condomino, che inizi un procedimento giudiziario nei confronti del condominio per la revisione delle tabelle, di dover fare ricorso al litisconsorzio, con evidente risparmio economico). Infatti “può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore” e non ci sarà più una pluralità di convenuti, cioè tutti gli altri condomini. La norma, però, affida la possibilità di difendersi in un giudizio in cui viene modificato il valore della proprietà, unicamente all’amministratore di condominio che, per negligenza o per qualsiasi altro motivo, potrebbe non informare i condomini.

Terminato il procedimento giudiziario, gli altri condomini si potrebbero trovare con le tabelle millesimali modificate, senza aver avuto la possibilità di difendersi perché non informati. E’ evidente che tutto ciò si scontra con il diritto alla difesa che è un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

Resta da valutare quanto tempo e quante sentenze di Cassazione occorreranno per porre rimedio alle incongruenze di questa legge.